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- ARS IN HERBIS
An Alchemical Journey
Siamo lieti di presentare le fasi finali di ARS IN HERBIS – Un viaggio alchemico, un progetto della durata di un anno volto a esplorare, sia in chiave filosofica che poetica, il tema alchemico della trasformazione, attraverso l’arte degli erbari.
L’esposizione ha svelato la propria complessità nel corso dei mesi, insieme alle opere degli artisti che, passo dopo passo, con tecniche e significati diversi, hanno seguito lo sviluppo di un viaggio in cinque fasi attraverso differenti stati della materia e dell’esistenza: Emanatio, Distillatio, Impressio, Dissolutio e Incarnatio.
Se proviamo a comprendere l’intero processo con concetti semplici:
EMANATIO evoca l’impalpabile e misteriosa emanazione che costituisce l’“aura” della forma materiale e che, per un certo tempo, le sopravvive.
DISTILLATIO è l’arte di estrarre l’essenza più pura, riferendosi tanto a un procedimento alchemico quanto alla poesia.
IMPRESSIO si collega sia al mezzo fotografico sia alla percezione, veicolata dalla luce, che abbiamo di ogni creatura vivente.
DISSOLUTIO è il preludio all’astrazione, dove la forma si sgretola e viene poi ricomposta seguendo logiche diverse da quelle letterali.
INCARNATIO chiude il cerchio, riportandoci alla magnificenza della varietà della vita, con la sua incantevole ed esplosiva molteplicità di forme, colori, dimensioni e meraviglie sensoriali.
Il progetto è stato inaugurato nell’aprile 2024, in occasione dell’anteprima della Biennale d’Arte di Venezia, con Emanatio e la mostra dell’artista romano Andrea Fogli, Erbario Planetario, un’installazione di cinquanta disegni realizzati con polvere di pastello blu. L’opera è composta da una sorta di “impronte celesti”, create dall’artista utilizzando piante reali raccolte dal 2017 durante passeggiate in luoghi naturali particolarmente significativi, come il Monte Verità, la Fondazione Baruchello, Piantagione Paradise, Cazalla de la Sierra, Oberammergau e Norcia. Grazie alla sua sensibilità raffinata e filosofica, l’artista ci permette di connetterci con l’essenza più sottile delle piante e con il genius loci dei luoghi da cui provengono.
Il tema di Distillatio è stato successivamente sviluppato in occasione di The Venice Glass Week, nel settembre 2024.
Una stanza colma di libri, mappe, alambicchi, vasi, erbe e strumenti alchemici, in cui emerge la presenza magica di The Three Alchemists di Tristano di Robilant, i Poetic Stills di Pico e, come presenza speciale, la scultura, vincitrice del Premio Roma Capitolium 2017, Il Gufo del maestro Primo Bollani, uno degli ultimi custodi dell’antica arte della lavorazione del ferro a Venezia.
Tristano di Robilant è un artista italo americano riconosciuto internazionalmente per la qualità della sua ricerca, che fonde la poesia all’arte del vetro. L’installazione site-specific intitolata I tre alchimisti comprende tre sculture soffiate a mano a Murano. Un’opera intitolata L’Alchimista itinerante si riferisce all’esistenza peripatetica dell’alchimista, perennemente alla ricerca dell’elusiva formula per la trasmutazione dei metalli comuni in argento o oro prezioso – ma anche, in senso più ampio, alla ricerca di una trasmutazione del Sé in uno stato di coscienza superiore. Le due sculture intitolate Gli alchimisti d’Oriente si riferiscono alla tradizione cinese dell’alchimia e alla sua ricerca dell’immortalità. Qui sono raffigurati idealmente come nuvole d’argento in cima a una montagna di rubini e smeraldi. Le scoperte degli antichi alchimisti sono tuttora le fondamenta della medicina tradizionale cinese.
La serie di Poetic Stills di Pico si basa sulla considerazione che anche la poesia è una distillazione, così come ogni attività della coscienza umana nel suo percorso evolutivo.
Ispirandosi ai ricordi d’infanzia di un vero laboratorio alchemico e all’amore per Dante Alighieri (che fu membro della Confraternita degli Speziali), l’artista ha creato una serie di alambicchi giocosi per interagire poeticamente con la mente e l’anima dello spettatore, evocando un atto psicomagico capace di sciogliere ciò che ostacola l’armonia della vita.
Psicomagia è una tecnica di guarigione basata su atti creativi e poetici, fondata da Alejandro Jodorowsky, uno dei maestri di Pico.
Per Impressio, Roberta Fosca Fossati presenta una suggestiva serie fotografica, Dialogues, completamente priva di ritocchi digitali. Le immagini ritraggono fiori raccolti e fatti essiccare nei libri nel corso della sua vita, inclusi alcuni sopravvissuti a un devastante incendio. Ne nasce un erbario della memoria, dove luce e colori tornano a emergere dopo un lungo sonno.
Come scrive l’artista:
“Quale traccia lasciamo del nostro passaggio in terra? Sarà originata da azioni, da assenza o essenza? E se avessimo vissuto nell’ombra, lasceremmo tracce trasparenti? E tutte le emozioni provate si uniranno insieme in una specie di di mare energetico? E la bellezza caduca, anche lei lascerà le sue tracce? Io cerco queste impronte dalle quali mi sento attratta. Le ripongo con cura in qualche angolo… Non c’è libro che non contenga qualche piccolo indizio del luogo dove l’ho letto. Frammenti di natura essiccata che mi hanno seguita come impronte della mia memoria. Questo lavoro nasce dall’incontro casuale tra un fiore secco e un raggio di sole. Ne è nato un processo in cui il fiore essiccato riprende una sua vita attraverso l’elemento luce/fuoco/sole che lo trasforma, ne fa uscire sorprendentemente gli altri tre elementi e lo fa rinascere in una nuova dimensione vibrazionale.”
L’opera di Fossati Il pensiero nel fuoco, che raffigura la sua biblioteca di 3.500 volumi completamente distrutta da un incendio, è stata esposta nel 2011 alla Biennale di Venezia.
Il concetto di Dissolutio scava nel senso della caducità ma anche della coincidente apparente dicotomia tra il pre e il post, la fine e l’inizio. La morte non è solo dopo la vita, ma anche prima di quella nuova. Quando la materia si scioglie e si dissolve, inizia inevitabilmente un processo di rinascita.
Mauro Pipani
Il dittico Prima del fiore / avant la fleur è una metafora della vita stessa, un simbolo velato dell’attesa per la crescita e lo sviluppo del potenziale. Qui abbiamo l’immagine di un fiore non ancora sbocciato, ma che esprime la propria volontà di essere, sussurrando la propria presenza, raddoppiandosi, svelando la propria materia dormiente, ancora profondamente silenziosa.
Nel trittico Germinazioni le ossidazioni del pigmento sulla garza hanno creato, con il tempo, delle alterazioni chimiche, ricordandoci l’affinità tra la crescita degli elementi naturali e la nostra stessa anima nel suo eterno divenire.
Il lavoro di Pipani porta una visione intima, profondamente legata al ciclo della vita e alla trasformazione dell’esperienza emotiva.
Come ha scritto di lui Vittoria Coen, “[…] il divenire della sua opera non è mai concluso, ma, al contrario, sempre aperto all’infinito”.
François-Xavier Saint Pierre
La serie Boscolo and Herm è costituita da paesaggi immaginari realizzati in seguito a una residenza all’Accademia di Francia a Roma. I suoi motivi sono ispirati allo straordinario patrimonio botanico dei giardini di Villa Medici e alle antiche erme greche e romane che vi si trovano – reliquie marmoree di antichi punti di riferimento, o marcatori di incroci. Facendo eco alla funzione delle erme, i dipinti stessi giocano con l’idea di confine. Tuttavia, queste opere non giocano con lo spazio topografico, ma piuttosto con l’idea di soglia: esplorano i limiti tra il riconoscimento e l’offuscamento, tra le forme nominabili e la loro dissoluzione.
Il dipinto Tempio fa riferimento a una valle della Tessaglia, sacra alle divinità Artemide e Apollo. Al di sotto della fitta foresta, appena al di là di una vasca riflettente sotto un cielo crepuscolare, si trova una forma verticale, forse un piccolo tempio o un’edicola. La piccola struttura sormontata da un frontone suggerisce un rifugio. La sua geometria chiara contrasta con il fogliame scuro. La sua tonalità brilla come una gemma brillante in un pozzo minerario.
Infine arriviamo all’ultima tappa del viaggio alchemico, Incarnatio, dove il cerchio della vita si chiude e si riapre, tornando ancora e ancora alla gloriosa esplosione di varietà di forme e colori.
Austin Young è un artista multidisciplinare il cui stile caratteristico interpreta un linguaggio visivo ricco di sfumature, di bellezza, cultura pop, storia dell’arte, arte popolare e trasgressiva esuberanza underground. Sia che lavori con modalità basate sulla fotografia e sul video di ritrattistica performativa, che si impegni in una visibilità assertiva per la cultura Queer o sostenga una cultura di condivisione delle risorse basata sulla comunità attraverso il prisma letterale e metaforico degli alberi da frutto pubblici, l’interesse di Young è illustrare le qualità sublimi dell’umanità che ci fanno progredire.
Considerandosi giustamente un Attivista della Bellezza, l’artista ha portato ad ARS IN HERBIS un’opera commissionatagli dal Chiostro del Bramante di Roma, dove ha realizzato un’eccezionale installazione per la mostra “Flowers”.
La Porta del Paradiso è un’opera su chiffon, che si muove con il vento e cambia con la luce, che possiamo considerare come una summa di tutti i significati espressi finora, per il senso di leggerezza, stupore e gioia che ne riceviamo.
Essendo anche un omaggio al Divino Femminile, il suo significato incarna il compimento della nostra esplorazione.
Distillando all’essenza il significato stesso dell’intero progetto, possiamo dire che l’Alchimia, alla fine, non è altro che il viaggio di un essere umano per diventare la versione migliore di se stesso, sviluppando la coscienza dell’unità tra tutti gli esseri.
ARS IN HERBIS è dedicata a Eliseo Burati (1924-1986), figura di spicco di ricercatore, farmacista, erborista, umanista e alchimista, in occasione del centenario della sua nascita. Parte del suo erbario personale è qui esposto per tutta la durata della mostra.
Questo progetto è anche un omaggio riconoscente a tutti gli esseri umani sconosciuti che, nel corso dei secoli, si sono dedicati all’esplorazione del mistero della vita. Nel tentativo di comprendere le cause delle malattie o delle guarigioni, e volendo migliorare la qualità dell’esistenza, hanno considerato l’unità fondamentale tra corpo, mente e spirito. Questo continua a essere il principio base di ogni vera ricerca umanistica.





Opere
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ARTISTI
Andrea Fogli è nato a Roma il 25 dicembre 1959. Ha seguito studi classici e nel 1983 si è laureato in Filosofia all’Università “La Sapienza” con una tesi sulla filosofia dell’arte di Alberto Savinio. Inizia ad esporre nel 1985 con la Galleria Ugo Ferranti di Roma con cui ha lavorato per oltre ventanni.
Ha tenuto mostre personali Rupertinum-Museum Moderner Kunst di Salisburgo (2000), alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna (2002), entrambe a cura di Peter Weiermair, e nel 2006, su invito di Jan Hoet, al MARTA di Herford in Germania. Nel 2013 una sua ampia antologia di opere è stata esposta al Casino dei Principi, Musei di Villa Torlonia a Roma, a cura di Claudia Terenzi. Nel 2019 ha raccolto le opere ispirate al dialogo con la natura, tra cui i disegni dell’Erbario Planetario, al MLAC di Lissone nella mostra peronale ”Effemeridi del Giardino” a cura di Aberto Zanchetta. Nel 2023 ha presentato l’intero ciclo del “Diario delle 365 figure”(2019/2022) al Napoli al Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina in una mostra curata da Marta Ragozzino.
Tra le principali mostre collettive degli ultimi anni, Eretici Arte e vita al MART di Rovereto curata da Denis Isaia (2022/23), e Disturbing Narrativies, Parkview Museum di Singapore (2019/20), Intriguing Uncertainties, Musée d’Art Moderne di Saint-Etienne (2016) e Parkview Museum di Pechino (2018/19), tutte mostre curate da Lorand Hegyi. Nel 2013 ha esposto al MACRO di Roma nella mostra Ritratto di una città. Arte a Roma 1960-2001 e in Belgio a Middle Gate Geel ‘13, l’ultima grande mostra curata da Jan Hoet.
Sue opere sono presenti nelle Collezioni di vari Musei italiani ed europei: MART, Rovereto; Galleria d’Arte Moderna, Bologna; MARTA, Herford; MACRO, Roma; Ursula Blickle Stiftung, Kraicthal; Parkview Museum, Pechino/Singapore.
Scopri di piùNata a Milano, muove i suoi primi passi nel teatro, ottenendo il diploma presso la scuola Nuova Scena di Bologna e perfezionando i suoi studi alla Guilford school of Acting di Londra. Lavora su scala internazionale e nazionale con registi quali Tadeusz Kantor, Jerzy Stuhr, Giampiero Solari, Antonio Syxty, Gerald Thomas, Michail Gaunt, Gabriele Vacis e altri ancora, fino ad affrontare la regia a partire dal 2007.
Dal 2000 si misura nel più vasto campo delle arti visive: attraverso la fotografia compie un percorso che dapprima la porta a documentare il suo stesso ambiente di lavoro, come fotografa per il teatro, poi a raccontare i lati più nascosti dei volti con il progetto “senz’ombra” (1999).
Tra il 2005 e il 2007 crea il festival “Strade bianche-kill the butterfly”, che unisce arte, teatro e cultura affrontando temi relativi all’ambiente e all’ecologia e che si avvale della collaborazione di grandi artisti visivi quali Emilio Isgrò, Massimo Bartolini, Eva Marisaldi, Nico Vascellari, Marco Porta, David Behar Perahia.
Sue sono le fotografie per il catalogo di Motta Editore, delle sculture di Filippo Dobrilla, lavoro commissionatole da Vittorio Sgarbi nel 2008.
Nel 2009 documenta, attraverso un video, l’opera e la vita dell’artista Federico Bonaldi recentemente scomparso, intitolato ‘Bonaldi 01’ e conservato presso il museo della ceramica di Nove.
Nel 2010 la sua libreria di 3500 volumi va a fuoco. Da qui nasce il lavoro “Il pensiero nel fuoco” con cui parteciperà alla Biennale di Venezia del 2011.
Del 2012 è ‘La grande mucca’, un’installazione-denuncia sull’identità negata legata alla realtà manicomiale che fa parte del ‘museo della follia’, museo itinerante ideato da Vittorio Sgarbi.
Attualmente sta lavorando al progetto ‘bird watching in Amazonia-microvisioni sul mondo’, tentativo di ridurre il mondo in piccoli spazi di emozione.
Mauro Pipani vive e lavora a Cesena e Verona. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna con Pompilio Mandelli (1976), da tre decenni svolge la sua attività artistica attraversando pittura, fotografia e progettazione. Ha all’attivo decine di mostre personali e collettive di rilievo nazionale ed internazionali ed è presente nel circuito dell’Arte con gallerie di riferimento. Esordisce nel 1972 con il collettivo “la Comune” gruppo di giovani artisti diretto da Dario Fo. È tra i fondatori del collettivo di via delle Biscie, che agisce in uno spazio, Villa Enrica, affidato in gestione dal comune di Bologna, e che nel 1973 si presenta alla Libreria Feltrinelli di Bologna. Gli esponenti del gruppo, giovanissimi e socialmente impegnati, affrontano le prime e ancora acerbe sperimentazioni, ma subito si fanno notare: nello stesso anno partecipano al prestigioso Premio Suzzara e ottengono l’interessamento di Mario De Micheli, che nel 1975 presenta una mostra del collettivo alla Galleria comunale Galvani di Bologna. Negli stessi anni è fondamentale anche la frequentazione del gruppo letterario e poetico raccolto intorno alla rivista “Sul porto”, fondata dai poeti Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli e Walter Valeri. Grazie a questi legami entra in contatto con figure come il maturo Alfonso Gatto, grande trait-d’union tra cultura letteraria e arti visive, Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza e soprattutto Dario Fo: è di questo tempo la sua collaborazione alla Comune nella stagione concitata della Palazzina Liberty.
Scopri di piùTristano di Robilant nato a Londra nel 1964 è cresciuto tra l’Italia e l’Inghilterra. Si è Laureato presso la University of California Santa Cruz, dove ha seguito le lezioni del critico e storico dell’architettura Reyner Banham (1922- 1988), subendone l’influsso.
La sua prima mostra personale si è tenuta alla Holly Solomon Gallery di New York. In seguito l’artista ha collaborato con il gallerista e curatore Lance Fung a una serie di sculture Domestic Temples, oggi parte della Sol Lewitt collection.
Le sue opere sono state esibite in numerose occasioni sia in Europa che negli Stati Uniti; tra le altre si ricordano la galleria Annina Nosei e The National Exemplar Gallery di New York, la Galleria Bonomo di Roma e Bari, e le gallerie Faggionato e Tristan Hoare di Londra.
Austin Young (Tranimal, Fallen Fruit) è un artista multidisciplinare il cui stile caratteristico interpreta un linguaggio visivo sfumato di bellezza, cultura pop, storia dell’arte, arte popolare e trasgressiva esuberanza underground. Sia che lavori con modalità fotografiche e video di ritrattistica performativa, sia che si impegni in una visibilità assertiva per la cultura Queer, sia che sostenga una cultura di condivisione delle risorse a livello comunitario attraverso il prisma letterale e metaforico degli alberi da frutto pubblici, l’interesse di Young è quello di illustrare le qualità sublimi dell’umanità che ci fanno progredire.
Originario di Reno, Nevada, ha studiato alla Parsons School di Parigi e attualmente vive e lavora tra Los Angeles e Puerto Vallarta, Messico. Fin da giovane, Young ha inventato nuovi modi per integrare i suoi diversi interessi e le sue influenze eclettiche in una celebre carriera di creatore di immagini. La pratica di Young è cresciuta dalle basi della ritrattistica delle celebrità, che ritrae personaggi come Margaret Cho, Debbie Harry, Diamanda Galas, Leigh Bowery, Jackie Beat, Alaska Thunderfuck, Siouxsie Sioux e altri ancora, in modi che affrontano la personalità e l’identità al di là dei ruoli di genere e delle costrizioni sociali stereotipate, fino a pratiche espansive di impegno nella comunità, libri, performance e agricoltura urbana.
La famigerata serie Tranimal Workshop di Young (con Squeaky Blonde e Fade-Dra) è un’esperienza di metamorfosi radicale, che trasforma vittime consenzienti in una catena di montaggio di styling gender-bending. “Faccio ritratti di drag queen, transessuali e androgini dal 1985”, dice. “Sono attratto dagli spazi tra ciò che la società si aspetta e ciò che è reale. Che cos’è il genere? Cos’è la bellezza? Chi dovremmo essere e chi siamo in realtà?”.
Young è anche cofondatore di Fallen Fruit, un collettivo d’arte contemporanea che utilizza la frutta come materiale per i progetti, indagando sulle iper-qualità della collaborazione e, a suo modo, sfidando i paradigmi dominanti. Utilizzando l’arte come punto di partenza, il collettivo agisce direttamente per indagare l’oppressione culturale, economica ed etnica che circonda l’agricoltura frutticola pubblica e privata in funzione delle risorse e della storia coloniale. Oltre alla fotografia, ai video, alla cartografia, all’adozione di alberi e alle feste di marmellata, i parchi pubblici di frutta, da Del Aire a Downtown LA, e le opere d’arte decorativa, da Palermo a Londra, comprendono progetti d’arte pubblica, commissioni site specific e installazioni in musei, chiese, giardini, palazzi e luoghi di ritrovo su misura in tutto il mondo.
Che si tratti di creare ritratti trasgressivi, sgargianti e allegri, o di incoraggiare la proliferazione dell’accesso pubblico agli alberi da frutto, in un certo senso tutto il lavoro di Austin consiste nel trovare la bellezza e il piacere lungo i margini, avvicinando così i margini al centro.